In termini generali, la libertà può essere definita come la facoltà del soggetto sovrano di fare ciò che desidera. Libertà è potere. Però con due limiti. Primo: il soggetto dev’essere in grado di fare ciò che desidera fare in condizioni di sicurezza, cioè senza pregiudizio per sé o per altri (es: non lasceremo del tutto libero un bambino, non permetteremo che guidi un’automobile uno che non la sa guidare, ecc.). Libertà è sapere. Secondo: nel fare ciò che desidera fare, il soggetto non deve limitare la libertà o ostacolare i progetti di vita di altri soggetti, perché questo è, nell’esperienza comune, svantaggioso. Libertà è sapersi fermare di fronte al potere degli altri, è rispetto del prossimo.
8.1 Le due libertà
In termini politici, invece, un buon punto di partenza potrebbe essere costituito dalla fortunata distinzione concettuale fra «libertà negativa» e «libertà positiva» formulata tra i primi da Isaiah Berlin. La differenza fra le due concezioni ce la spiega Norberto Bobbio con la chiarezza che gli è consueta: “La libertà negativa è una qualifica dell’azione, la libertà positiva è una qualifica della volontà. Quando dico che sono libero nel primo senso voglio dire che una certa mia azione non è ostacolata, e quindi posso compierla; quando dico che sono libero nel secondo senso voglio dire che il mio volere è libero, cioè non è determinato dal volere altrui, o più in generale da forze estranee al mio stesso volere” (1995: 50). Come si può ben comprendere, si tratta di una differenza sostanziale. Nel primo caso l’attenzione è rivolta ad eventuali ostacoli esterni, nel secondo caso alle facoltà della persona. Diciamo che meno uno Stato si immischia negli affari delle persone, più esso garantisce la loro libertà negativa; più uno Stato intervenire fattivamente nella formazione del cittadino, più potrebbe migliorarne le capacità e incrementarne la libertà positiva. E allora, come dovrebbe comportarsi uno Stato virtuoso? Alcuni studiosi si sono posta questa domanda e, come sempre accade in simili casi, sono giunti a conclusioni diverse.
La libertà negativa è “il diritto di foggiare liberamente la propria vita a proprio piacimento”, con l’unico limite di dover tutelare lo stesso diritto degli altri, “talché io sono – in questo senso – libero se nessuna istituzione o individuo s’immischia nella mia sfera personale, salvo che per la sua propria autoprotezione” (BERLIN 2005: 29). Secondo il principio di libertà negativa, quindi, una persona individuale non dovrebbe essere impedita nel perseguimento dei suoi scopi né da altre persone individuali, né da alcuna autorità, politica, religiosa, economica o militare che sia, e nemmeno dallo Stato. Philip Pettit dice che la persona dev’essere libera sia dal potere privato o dominium che da quello pubblico o imperium, e aggiunge che questo tipo di libertà è perseguibile solo in uno Stato democratico, l’unico “che può ambire a proteggere le persone dal dominio senza diventare a sua volta uno strumento di dominio” (2005: 175-9).
Mentre la l. negativa si riferisce agli ostacoli che un soggetto può incontrare lungo il suo cammino, la l. positiva (o affermativa) guarda più alla sfera interiore della persona. “Il senso «positivo» della parola «libertà» deriva dal desiderio da parte dell’individuo di essere padrone di se stesso” (BERLIN 2000: 24). La libertà positiva “non può essere concessa né garantita da sovrani buoni e magnanimi, ma deve essere conquistata dai cittadini” (BECK 2000: 69). Essa è un prodotto della volontà: “Voglio che la mia vita e le mie decisioni dipendano da me stesso e non da forze esterne di qualsiasi tipo. Voglio essere strumento dei miei stessi atti di volontà e non di quelli di altri” (BERLIN 2000: 24). “Sono libero se e soltanto se progetto la mia vita in conformità con la mia volontà” (BERLIN 2000: 40), ma posso progettare la mia vita in modo appagante solo se dispongo di un certo reddito, di una certa istruzione, di adeguate condizioni di salute, di informazioni ampie e sicure, di buone leggi e di altri servizi che generalmente dipendono dal sistema politico in cui vivo. Quindi, il concetto di l. positiva è ben più articolato di quello della l. negativa, perché si basa su un maggior numero di fattori, che in parte sono contingenti e casuali, in parte dipendono dalle famiglie e dallo Stato. Alla fine, la l. positiva va a corrispondere con il complesso delle abilità acquisite dalla persona in ogni settore dello scibile e della tecnica, di cui poi il soggetto potrà servirsi nel perseguimento dei suoi scopi.
8.2. Libertà come strumento e come responsabilità
La libertà, positiva o negativa che sia, ha come scopo ultimo la soddisfazione dei bisogni della persona. Più un soggetto sarà dotato di competenze e abilità, più sarà libero, e più sarà libero, meglio riuscirà a soddisfare i suoi bisogni.
A nulla servirebbe rimuovere ogni impedimento ad un individuo che sia incapace di fare buon uso della libertà che gli viene concessa, e buon uso significa «responsabilità». “La libertà – scrive Friedman – è un obiettivo sostenibile solo per individui responsabili” (1981: 36). Di norma, un cittadino ben educato, informato e in buone condizioni di salute è anche in grado di assumersi responsabilità. Uso qui il termine «responsabile» nel senso attribuitogli da Hans Kelsen: “Che una persona sia giuridicamente responsabile di un dato comportamento o ne abbia la responsabilità giuridica significa che essa è passibile di una sanzione nel caso di comportamento contrario” (1994: 65), mentre il termine «irresponsabile» “significa incapace di essere un soggetto a cui possa essere imputato qualcosa” (1994: 93). Ebbene, ogni qualvolta attribuiamo ad un soggetto una qualche responsabilità, in ordine a quella responsabilità dobbiamo anche lasciarlo libero.
Chiameremo allora veramente libero l’individuo che sappia comportarsi in modo eticamente valutabile, in modo cioè da poter meritare un giudizio morale da parte di se stesso o di altri. Nelle parole di Pettit: “Si è un libero agente e la propria azione è libera nella misura in cui si può essere ritenuti responsabili per la scelta in questione” (2005: 7). Ciò significa che si ha vera libertà solo quando c’è libertà positiva. In pratica, tracciato il limite oltre il quale un soggetto non può essere ritenuto responsabile, e quindi libero (per esempio, i bambini fino ad una certa età), oltre quel limite, tutti gli altri dovrebbero essere ritenuti, fino a prova contraria, responsabili e perciò dovrebbero essere chiamati alla partecipazione politica.
Ora, la persona si sviluppa e diventa matura via via che acquisisce nuove libertà e nuove responsabilità, e in ciò consiste il suo principale dovere verso se stessa, ovverosia la sua autorealizzazione. Compito dello Stato è aiutare la persona a portare a compimento il proprio piano di vita nel modo più pieno possibile, e questo compito viene assolto attraverso il riconoscimento dei diritti sociali e politici. In altri termini, lo Stato deve prendersi cura del pieno sviluppo dei cittadini, che consiste, in fondo, nel massimo aumento delle loro libertà. Per la DD, “la promozione della libertà umana è sia l’oggetto principale, sia il mezzo primario dello sviluppo” (SEN 2001: 57). Compito della persona è adoperarsi al fine di raggiungere la propria autonomia economica e mentale. A seconda delle circostanze, un uomo è libero se è in grado di decidere in modo consapevole e di valutare le conseguenze delle sue azioni in modo appropriato, cioè assumendosene le responsabilità. Ciò è quanto gli consente la sua natura umana. Se però, per un motivo o per l’altro, un uomo non perviene alla piena autonomia, vorrà dire che egli dipenderà da altri per la soddisfazione dei propri bisogni e dovrà rassegnarsi a vivere non secondo il suo potenziale naturale, cioè da uomo «libero», ma come un bambino o un animale.
8.3. Libertà come lotta
Dal punto di vista filosofico la libertà può essere concepita come la lotta necessaria per raggiungere uno scopo, almeno così la pensa Geymonat: “la libertà è ed è sempre stata lotta: lotta di un popolo che vuole liberarsi dalla sopraffazione di un altro popolo, lotta di un gruppo di individui che non intende accettare l’asservimento ad un altro gruppo, lotta di un individuo che vuole abbattere gli ostacoli frapposti da altri individui all’espletamento dei propri piani scaturiti dallo stato di cose che egli ha trovato innanzi a sé” (1993: 38). Anche la libertà di parola è interpretata dallo studioso come lotta necessaria a imporre il proprio pensiero contro quello degli altri o contro l’opinione prevalente, i pregiudizi e le mode. Geymonat non si limita a parlare di lotta in senso metaforico, ma intende proprio lotta fisica e violenta: “se vogliamo parlare della libertà senza riferimento alla violenza, ci troviamo nel mondo dell’utopia” (1993: 48). Secondo lo studioso, inoltre, chi lotta per idee veramente proprie, cioè chi è veramente libero, sta forzando il sistema a cambiare, perciò “difendere la libertà significa difendere il cambiamento, o almeno la possibilità di un cambiamento” (1993: 103). In pratica, così facendo, Geymonat riduce la libertà al principio di forza che, da sempre, ha dominato i rapporti fra gli uomini. In definitiva, il più forte non solo non è impedito nelle sue azioni, ma dimostra anche, proprio perché è più forte, di essere dotato di maggiori abilità. Il più forte è un simbolo di libertà.
8.4. Il principio di libertà DD
La libertà è il principio connotativo della DD.
8.4.1. La libertà come valore sommo
Socrate si guardava bene dall’assegnare per sorteggio una carica che richiede delle competenze tecniche (per es. quella dello stratega, del fabbro, del musicista), ma si prendeva burla anche di una democrazia che eleggeva i magistrati della città per sorteggio, ben sapendo che un esponente politico può produrre danni assai più gravi di chiunque altro. E allo stesso modo la pensava Platone. Entrambi non potevano desiderare la democrazia, perché credevano che l’arte politica dovesse essere insegnata al pari di qualunque altra arte e che pochi cittadini fossero all’altezza di un così arduo compito. Per entrambi, il potere politico è di tipo elitario e spetta agli uomini più sapienti, che dovrebbero esercitarlo più con la forza delle leggi che con quella delle armi. Se la democrazia poté affermarsi in Grecia, ciò fu dovuto a gente, come Protagora, che giudicava l’arte politica diversa dalle altre arti, un’arte che non è necessario apprendere a scuola, ma che tutti i cittadini acquisiscono nello stesso modo in cui acquisiscono l’arte di amministrare la propria famiglia. Diciamo che Protagora è democratico perché il suo approccio è improntato dalla fiducia nel cittadino. La democrazia crede nella libertà, perché crede nell’individuo.
Secondo Cicerone, la libertà o è di tutti o non è di nessuno. Infatti, in nessuna città, “se non in quella in cui è massimo il potere del popolo, risiede in alcun modo la libertà; della quale certamente nulla vi può essere di più dolce, ed è tale che se non è eguale per tutti nemmeno è libertà” (Rep. I 31, 47). Solo uno Stato che abbia fiducia nella persona può desiderare di avere cittadini liberi ed essere disposta ad investire rilevanti risorse nei servizi di formazione e di informazione. Ora, se uno Stato ha fiducia nella persona, ciò vuol dire che è democratico o che si sta muovendo in direzione della democrazia; ed è in virtù di questa fiducia che esso mette al primo posto la libertà del cittadino. L’esercizio della libertà, che è reso possibile dalla democrazia, a sua volta, genera e alimenta nuova democrazia. “Se la democrazia è un mezzo per garantire la libertà, allora la libertà individuale è anch’essa una condizione essenziale per il funzionamento della democrazia” (HAYEK 1999: 163). Alla fine, si viene a configurare un quadro, nel quale “i cittadini producono la democrazia che produce i cittadini” (MORIN 2001: 113).
“È il valore di libertà – osserva Kelsen – e non quello di uguaglianza a determinare, in primo luogo, l’idea di democrazia” (1995: 141). “La libertà del Soggetto è il principio centrale su cui si basa la democrazia” (TOURAINE 1998: 267). Per la DD, il principio di libertà è perfino più importante di quello di maggioranza. “Libertà non è conformismo ai più; libertà è affermazione dell’individuo anche di fronte alla volontà dei più, della maggioranza” (BALDASSARRE 2002: 117). In altri termini, “la libertà individuale è un valore che la stessa maggioranza deve rispettare e quindi costituisce un limite alla maggioranza” (BALDASSARRE 2002: 117). Partendo da questa convinzione, la DD impegna tutte le proprie energie allo scopo di “preparare gli individui ad una forma di vita libera ed autonoma” (MILL 1997a: 46) ed eleva a primo e più importante diritto democratico la libertà, soffrendo se anche un solo cittadino non manifesti “un pieno sviluppo delle proprie capacità” (GREBLO 2004: 167) e non sia in condizione di esercitare effettivamente il suo diritto alla libertà.
8.4.2. Libertà come autonomia di pensiero della persona
La DD non si limita a rimuovere gli ostacoli d’intorno al soggetto, ma vuole incrementare al massimo grado la libertà positiva dei suoi cittadini. “La libertà che la DD promuove è quella che ciascun cittadino porta dentro di sé e che ha faticosamente costruito grazie al proprio impegno e con l’aiuto della società, ed è la liberà di pensiero […], che possiamo chiamare anche «autodeterminazione» o, ancor più propriamente, «autonomia»” (BOBBIO 1995: 48). È questa la libertà cui si riferiva Kant nella sua celebre esortazione “abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza”. In democrazia, è libero il cittadino che è padrone di se stesso e il cui giudizio morale non è determinato dal volere altrui. Lo potremmo chiamare «cittadino democratico».
8.5. Il principio di libertà DR
Almeno in linea di principio, le nostre costituzioni non esitano a riconoscere una libertà originaria a ciascun cittadino e si propongono perfino il compito di tutelarla. Sennonché, come abbiamo osservato, per tutelare la libertà non basta la rimozione di lacci e laccioli, ma occorre molto di più. “Un uomo senza risorse è un uomo senza libertà. Un uomo senza lavoro è un uomo senza risorse, è un uomo senza libertà. È inutile dire a una persona «ti do la libertà», quando non gli fornisco le risorse per esercitarla: sarebbe un’affermazione vuota […]. Se non riesco a sostentare la mia persona o coloro che sono a mio carico, è chiaro che non ho nessuna risorsa per svolgere un ruolo sociale e, quindi, per esercitare la mia libertà nella società” (BALDASSARRE 2002: 121-2). Insomma, la povertà è un ostacolo per la democrazia.
Ebbene, la DR non è in grado di debellare il fenomeno della povertà e, dunque, non garantisce al cittadino quel minimo di agiatezza e di istruzione, che è necessario per poter esercitare la propria libertà. La DR è più impegnata a garantire la libertà «negativa» piuttosto che a promuovere la libertà «positiva», e tollera che un cospicuo numero di cittadini non sappia che farsene della libertà e si rifugi nell’eteronomia, ossia nella condizione infantile di dipendenza morale da altri, che trova adeguata espressione nel principio di rappresentanza.
18. Il contratto politico
15 anni fa
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